La Batteria Chaberton

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La Batteria Chaberton (3130 mt)
Un'immagine della batteria negli anni '30


1. Descrizione Escursione
2. Inquadramento Storico dell'Escursione
3. Escursione contestuale: il Col delle Finestre l'Altopiano dell'Assietta

1. Descrizione Escursione
La fortezza, situata anch'essa nel vasto comprensorio di fortificazioni della Val di Susa, è raggiungibile prendendo una deviazione che, da Fenils, porta all'omonimo monte. L'escursione è stata effettuata da un collega motociclista di cui riporto il link alla relativa sezione: l'escursione sul Monte Chaberton.
Accesso stradale: si raggiunge Clavière (1760 m) con la ss 24 del Monginevro: prima del posto di frontiera italiano, si prende a destra una strada, sulla sinistra idrografica del Rio Secco, che termina all'albergo Miravalle.
Itinerario: si prende un sentiero che entra nel bosco, tenendosi sempre sulla sinistra idrografica del torrente. Ad un bivio si attraversa il rio fino alla carrozzabile che proviene da Montgenèvre. Si percorre questa fino al suo termine, presso le Grange Les Baisses (2029 m, 0,50 ore da Clavière). Si sale quindi a nord, verso il dosso sopra le baite. Si attraversa il vallone delle Baisses fino al ricovero Sette Fontane (2257 m). Da qui il sentiero si dirige a nord est, varca un corso d'acqua e sale molto ripido nel vallone laterale, fino a guadagnare, con un ultimo traversone, il Colle dello Chaberton (2671 m, 2,10 ore da Clavière).
Dal colle si sale sulla strada militare che proviene da Fenil in direzione della vetta. Con una serie terminale di stretti tornanti si raggiunge il piazzale della batteria a 3130 m (3,30 ore da Clavière).

Periodo consigliato: luglio-settembre.
Cartografia: Istituto Geografico Centrale 1:50000 n. 1 Val di Susa-Val Chisone.

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2. Inquadramento Storico
La Val di Susa rappresenta un enorme comprensorio di fortificazioni edificate nell'arco dei secoli, indicativamente dal medioevo fino al secolo scorso. La fortezza del Chaberton può considerarsi l'ultima e la più affascinante tra tutte; per darne una descrizione più approfondita riporto quanto recensito sul sito di fortificazioni.

" ... In Valle di Susa le fortezze non mancano: ve ne sono centinaia, grandi e piccole, distribuite in un arco cronologico che va dal medioevo fino all’epoca contemporanea. Ma fra di esse, solo la Batteria dello Chaberton riesce tuttora ad emanare un fascino irresistibile, che richiama ogni estate centinaia di appassionati e di escursionisti. Una fortezza tra le nuvole che, dall’alto dei suoi ben 3130 metri di altitudine domina solitaria Cesana, l’alta Valle della Dora e il pianoro del Monginevro, e le cui rovine sono ancora oggi ben distinguibili nelle limpide giornate dal fondovalle. E’ incredibile constatare come la storia e le vicende di questo autentico nido d'aquila, avvolte in un pesante manto di segretezza richiesto dalle esigenze militari, abbiano potuto suscitare nel quarantennio della sua esistenza, un fascino così sensibile e misterioso.
La decisione di costruire un'opera fortificata di quel tipo e a quell'altitudine, considerando le circostanze e l'epoca nella quale venne meditata, fu oltremodo coraggiosa. La speciale Commissione per la Difesa dello Stato, nel progettare una sistemazione sostanzialmente difensiva della frontiera occidentale italiana, aveva anche previsto la realizzazione di alcune batterie particolari poste in prossimità del confine, le cosiddette opere autonome ad azione lontana: postazioni armate con cannoni di medio calibro aventi una funzione dichiaratamente offensiva, in grado cioè, di colpire obiettivi rilevanti posti nel vicino territorio nemico.
Lo Chaberton presentava ottime condizioni per installarvi un’opera autonoma ad azione lontana. Dalla vetta del monte, dominando completamente la conca di Briançon, si era in grado di agire sulle numerose batterie che facevano parte della munita piazzaforte francese, tutte particolarmente vulnerabili perché poste ad una quota sensibilmente più bassa.

I lavori per la realizzazione della Batteria Chaberton vennero avviati nell’estate del 1898, appena completata la lunga rotabile che, salendo dal defilato vallone di Fenils, raggiungeva il Colle dello Chaberton e la vetta del monte. La direzione del cantiere fu affidata al maggiore del Genio Luigi Pollari Maglietta della Direzione di Torino: nell’agosto del 1906 i primi cannoni da 149/35 salirono in vetta, furono montati nelle cupole e, il mese successivo, effettuarono alcuni tiri di esercitazione verso Rochers Charniers e il Colle di Costa Piana.
L’interno della fortificazione era improntato alla massima semplicità: su due lunghi corridoi che percorrevano tutto l’edificio si aprivano vari locali, destinati ad ospitare le camerate, i magazzini, l'infermeria, il comando, le cucine. Sul tetto della costruzione, a distanza di sei metri l’una dall’altra, si alzavano otto torri cilindriche in muratura rivestite da blocchetti di calcestruzzo: alte poco più di sette metri, sorreggevano alla cima le casematte metalliche con le artiglierie.
Le casematte erano formate da una cupola di lamiera, di forma assai simile a quelle delle batterie marine, ma priva di una vera e propria corazzatura: essa era libera di ruotare su se stessa di 360° per mezzo di una corona dentata fissata all'estremità superiore della torre. Ognuna alloggiava un cannone da 149/35, uno dei più efficienti e precisi pezzi di artiglieria allora disponibili: l'installazione, messa a punto dalla casa Armstrong, era caratterizzata da una copertura di lamiera metallica alquanto sottile, non più di 5 cm, in grado di riparare il personale solo dalle schegge di granata, mentre di solito, nelle batterie corazzate dello stesso periodo, si preferiva adottare una spessa cupola in acciaio tale da essere perfettamente sicura nei confronti dei proiettili di medio e di grosso calibro.
quella a pozzo. La minor protezione delle casematte fu sicuramente dettata dall’esigenza di proteggere i materiali e gli uomini dalle intemperie, piuttosto che dal tiro nemico. I progettisti del forte lavorarono nella convinzione che non esistesse un’arma a tiro curvo con delle caratteristiche di potenza tali da colpire con efficacia un obiettivo posto a così grande altezza, come lo Chaberton. Se il ragionamento poteva avere una certa validità ai primi del secolo, quando la batteria vide la luce, solo una ventina di anni più tardi, con la comparsa di nuovi materiali e con l'esperienza maturata nella Prima Guerra Mondiale, tale certezza sarebbe rapidamente sfumata e il forte avrebbe assunto sempre più l’aspetto, come si scrisse, di "una bella donna sfiorita troppo presto". La batteria, a differenza di altre fortificazioni di alta quota, fu costantemente presidiata, tranne nel periodo 1915-18 e in quello immediatamente successivo. D'inverno era sorvegliata da un plotone di trenta alpini al comando di un tenente, tratto a rotazione mensile dai battaglioni Fenestrelle ed Exilles del 3° Reggimento: nella bella stagione il presidio era costituito in massima parte dagli artiglieri al servizio dei pezzi.
Nel 1938 lo Chaberton venne inquadrato nell'ottavo Reggimento di artiglieria Guardia alla Frontiera (515^ batteria GaF).
Nella breve Guerra delle Alpi del giugno 1940, nonostante fosse ormai inadeguato per concezione tecnica, lo Chaberton venne chiamato a sostenere il suo compito. I Francesi, che da anni avevano ritenuto la fortificazione italiana alla stregua di una reale minaccia, avevano preparato con cura la risposta da rivelare al momento opportuno. Appena iniziate le ostilità, mascherarono abilmente nel vallone di Cervierès due batterie di potenti mortai da 280 mm, i soli in grado di colpire, grazie alla loro traiettoria fortemente parabolica, un obiettivo posto ad altitudine così elevata. Nel pomeriggio del 21 giugno, mentre si scatenava l'offensiva italiana sul Monginevro, fu sufficiente una breve schiarita nella nebbia per consentire al tiro di queste artiglierie di ridurre all'impotenza quello che era stato il vanto del Genio militare italiano. La difesa degli artiglieri italiani fu esemplare e coraggiosa, ma non diede risultati apprezzabili, in quanto non si riuscì a localizzare la provenienza delle granate avversarie. A sera il dramma dello Chaberton apparve in tutta la sua evidenza: in una sola giornata di fuoco avversario erano deceduti nove uomini, fra ustionati e feriti se ne contavano altri cinquanta, sei cannoni erano completamente fuori uso, la teleferica distrutta e tutti i collegamenti interrotti.
L’armistizio del 24 giugno pose fine al bombardamento francese. Abbandonata completamente dopo l’8 settembre 1943, la batteria fu nuovamente occupata da reparti della Folgore della R.S.I. nell'autunno del 1944, in coincidenza con l'avanzata delle truppe alleate nella Valle della Durance. Le severe clausole del Trattato di Pace del 1947 assegnarono i ruderi della fortificazione e una cospicua parte del monte Chaberton alla sovranità francese come riparazione di un’assurda guerra: la storia del più famoso forte si concluse nell'estate di dieci anni dopo, quando, per l'ultima volta salirono sulla vetta gli operai di una ditta di Cesana con il compito di smantellare totalmente le casematte e i relitti arrugginiti delle bocche da fuoco. Rimasero solo più i ruderi delle otto torri, sempre più degradati, a testimoniare l’esistenza di quello che era stato, nei primi anni del nostro secolo, il forte più alto d’Europa ..."

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